Un paradigma che ci avvicina alla comprensione dell’Arte di Emanuela e quella dello spazio e dell’oggetto transizionale. Per Winnicott infatti l’area dell’arte, della creatività e della cultura sono esperienze che trovano la lor origine in questo spazio. Lo spazio transizionale è quello dove il neonato comincia a “pensare” nell’assenza. Dall’uso che fa del proprio corpo e di quello della madre passa dal narcisismo infantile al riconoscimento che esiste qualcosa di non-sé, la madre appunto che non sempre è presente come e quando vorrebbe. Prima mette in bocca il pugno, poi il pollice, poi le dita fino a scegliere un “oggetto” come il peluche di pezza, o il lembo di una coperta (quella di Linus appunto, che si impregna di odori e non deve essere lavata) che viene mordicchiato. L’oggetto scelto rappresenta la madre, l’unione con lei ed il distacco. Permette la nascita della fiducia, la madre si allontana ma poi ritorna. Lenisce l’angoscia, ma permette anche una relazione affettuosa con qualcosa che è diverso da sé. La cosa interessante per la creatività e l’arte è che è ancora soggetto, dove ogni cosa è da lui creata e controllata (come la madre che crea dolore nella sua assenza), ma nasce e si scopre come oggetto non-me. L’opera d’arte sfugge al controllo dell’artista. Si controlla e si sceglie il materiale, i modi, i tempi, si può fare anche un progetto dettagliato, ma comunque nasce qualcosa di diverso. La sensazione del potere e del controllo sulla propria opera è solo apparente. L’Arte alla fine sfugge al controllo, permette di fidarsi e lasciarsi andare.
L’area transizionale è lo spazio del gioco creativo un’area che in alcune persone si sviluppa e permane come bisogno e desiderio. Può permanere in modo sano tutta la vita ed essere condivisa con gli altri “sensibili” che sanno apprezzare e provare diletto e piacere attraverso le Arti e la Cultura in genere. Questa no man’s land, questa area di confine non muore ma si espande ed è l’espressione della originalità e della passione dell’adulto. In ogni opera d’arte esiste, in questa prospettiva una traccia di questa fase. Nei quadri di Emanuela e in tutte le sue creazioni vediamo spesso una figura femminile, un me non-me, un soggetto-oggetto. Come dice Winnicott “non bisogna chiederci se questo oggetto venga da dentro o da fuori, dobbiamo ammettere il paradosso creativo”. Nelle creazioni di Emanuela esiste anche un mondo allucinato delle cose senza vita dove il corpo della donna risalta e dà vita, ma si confonde con esso. Eros e Thanatos in un equlibrio instabile dove non si sa chi prevarrà. Il Corpo morto ed il Corpo vivo, la Natura Morta e la Natura viva. Still-Life o Still-Born? Pace, quiete o immobilità rigida della morte? L’oggetto transizionale è anche il precursore del simbolo, fondamentale per l’arte in genere e per quella di Emanuela in particolare, perché aiuta il bambino a confrontare l’immagine interna allucinata e l’oggetto reale. Può sostituire e simbolizzare il seno della madre. Il simbolo si situa nel percorso verso la soddisfazione crescente del bisogno istintuale. Una madre sufficientemente buona possiede un modo istintivo di fornire gratificazioni e frustrazioni in modo che il distacco e la fiducia di base persistano in relazioni sane e creative, capaci di separazioni. Una madre che interrompe in modo troppo traumatico l’onnipotenza tarpandone le ali con un eccesso di frustrazioni potrebbe sviluppare nel figlio un doppio legame o un falso sé. Tuttavia l’Arte potrebbe funzionare in questo caso da “care-giver”, da controveleno, una specie di cura continua della cronicità del bisogno in cui il dolore dell’assenza diventa creazione artistica.
L’Arte legata al dolore, alla follia non è un luogo comune. Solo chi ha sperimentato il dolore può capire e farsi capire oltre il linguaggio delle parole in quello universale del simbolo. Nelle Opere di Emanuela vediamo spesso il corpo nudo di donna, come autoritratto, autoscatto. Anche qui il desiderio suscitato dall’immagine viene controbilanciato da “altro”. Dallo sguardo e dal volto che sempre attira l’osservatore e si potrebbe dire che come nei sogni per sognare il sesso si sogna altro, così nei quadri di Emanuela il nudo del corpo è sublimato nell’astinenza. Sta per altro, vuol dire altro. E’ una falsa traccia, per gli sciocchi, per chi non ha la sensibilità di capire. La ricerca della Bellezza e del Piacere e dell’Amore assoluti come rappresentati dalla energia onnipotente e grandiosa fino al delirio delle fasi di mania alternati allo svuotamento alla totale assenza di creatività della Depressione. La ricerca della “ispirazione”, dello stimolo, della droga/Arte che il cervello produce, ma che in questo caso trascende. Per quanto l’Arte sia un prodotto del cervello non sarà mai riducibile ai suoi circuiti o neurotrasmettittori. Addiction to mania, Addiction to Art. La dipendenza da sostanze, da cibo, dai giochi e dagli azzardi dalla ricerca di emozioni forti o sensazioni anche pericolose per la vita e le relazioni adulte può essere sostituita un piacere integrato da una sorta di Positive Addiction che l’Arte può rappresentare pienamente. L’Arte che cura quindi. Che conduce dal principio del piacere, del tutto e subito al principio di realtà, che sa rinviare la soddisfazione immediata verso piaceri più grandi ed integrati. Le Opere di Emanuela possono essere questo oggetto transizionale che ci accompagna e ci protegge dal troppo dolore della rinuncia della onnipotenza narcisistica dell’infanzia e ci fa passare la linea d’ombra che conduce alla vita adulta, dove piacere, legame, attaccamento, bellezza, amore assoluto sono integrati, capaci di elaborare le separazioni e le rinunce che la vita chiede.